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Cultura
“L’Opera Galleggiante” di John Barth
Storia di come Todd Andrews decise di morire e poi ci ripensò
di Emanuela Cicoira
Se fossi Iddio, creando la faccia sia di Todd Andrews, sia di Gregory Peck, farei solo qualche piccolo cambiamento qua e là.

Cambridge, Maryland. Il 22 o, più probabilmente, il 21 giugno del 1937, l’affermato e richiesto avvocato dello studio legale Andrews, Bishop & Andrews – per la precisione il secondo Andrews – si sveglia decidendo, in preda a una sorta di paradossale euforia, che la sua vita terminerà quel giorno. Ma siccome il romanzo si immagina scritto vent’anni dopo dalla stessa persona, autoelettasi Io Narrante, è evidente che alla fine cambierà idea. Sintetizzata così, “L’Opera Galleggiante” (di un “formidabile genio” che in questo caso non è Dave Eggers bensì John Barth) potrebbe essere presa per un tetro mattone di filosofia esistenzialistica. Ebbene, se lo fosse non avrebbe questo titolo. E neppure un narratore protagonista così disorganizzato.

Todd Andrews infatti, 54 anni, bell’uomo, ben vestito, benestante, viziato dal buon whisky e dai sigari di lusso, pur riuscendo molto simpatico, si presenta subito come uno scrittore avventizio, dedito, sì, da anni, alla stesura di una misteriosa e volumetrica “Indagine”, ma fortemente anarchico e confusionario nella prosa, istintivo, torrenziale e incline alla digressione: questo suo singolare modo di procedere è forse il principale pregio del libro.

Un po’ Fielding e un po’ Sterne, l’allora giovanissimo Barth adottò più o meno consapevolmente una subdola nonché accattivante tecnica di rottura postmoderna dei confini del testo, di svelamento della finzione nella finzione. La toga dell’avvocato Andrews diventa per l’autore un ottimo nascondiglio. È il personaggio stesso che guida il gioco, che tiene il ritmo. In un costante dialogo con il lettore, anticipa gli avvenimenti fondamentali, ogni tanto divaga e apre lunghe parentesi narrative. Il risultato è il racconto irregolare di una vita altrettanto tale, che oscilla dalla commedia (storia dei diciassette testamenti dell’industriale dei sottaceti Mack senior) al romanzo di formazione (episodio della guerra e dell’uccisione del soldato tedesco); dalla tragedia (suicidio del padre in seguito alla crisi del ‘29) alla satira sociale e alla testimonianza storica (american way of life della gaudente borghesia d’oltreoceano tra le due guerre).

Il protagonista vive operando una pirandelliana gestione di maschere sociali: prima santo e misantropo, poi cinico e impassibile, cambia volto e modo di vivere quando quello precedente comincia a stargli stretto. La cronaca del giorno in cui, persuaso dall’assunto filosofico “non c’è nessuna ragione per vivere”, Todd aveva deciso di suicidarsi, è continuamente interrotta dai discorsi con gli anziani avventori dell’hotel Dorset, dove ha in affitto una stanza; dall’evolversi del suo ménage à trois con una coppia bene del nativo Maryland, i coniugi Harrison e Jane Mack; dalle disquisizioni sulle sue malattie, di cuore e di prostata; dall’avventura vissuta da soldato durante la battaglia delle Argonne; dai cavilli legali di alcuni casi da lui seguiti. Persino il resoconto della mitica sera del 21 o 22 giugno (non ne è sicuro, in barba all’importanza dell’evento) è rallentato dalla descrizione dei numeri alla buona proposti dall’Opera Galleggiante di Adam, spettacolo in barca a cui il protagonista assiste prima della sua annunciata dipartita.

Molti anni dopo, all’età di 54 anni, Todd è vivo e vegeto. Non l’ha ancora ucciso né l’endocardite né l’infezione alla prostata, ma lui per precauzione continua a saldare il conto dell’albergo giorno per giorno. La tresca con la signora Mack è finita da tempo e l’Indagine (sulle cause della morte del padre) è ancora in corso. Lui ha però deciso che, se non c’è nessuna ragione per vivere, non ce n’è neanche nessuna per morire, mentre il lettore si rammarica per la fine del racconto, sedotto come si ritrova da cotanta ruffianeria esplicita. Convinto per un attimo, nella sua dabbenaggine di lettore, che l’avvocato Todd Andrews abbia deciso di raccontare tutto proprio a lui…
 
TITOLO: L’Opera Galleggiante
TITOLO ORIGINALE: The Floating Opera
AUTORE: John Barth
TRADUZIONE: Henry Furst e Martina Testa
CASA EDITRICE: minimum fax
ANNO: 2010
PAGG: 354
PREZZO: € 16
5/12/2011
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