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Massimiliano Allegri, il sorriso del grande dittatore
di Mimmo Carratelli (da: Guerin Sportivo)
E quando venne il tempo dei condottieri il Signore fece i condottieri.

E fece Giulio Cesare, partorito dal ventre della matrona romana Aurelia Cotta il 12 di luglio, una domenica. E Giulio Cesare molto visse e conquistò. E quando si ripresentò al Signore aveva 57 anni e 23 coltellate su tutto il corpo.

E il Signore fece Napoleone Bonaparte, partorito in Corsica dal ventre della nobildonna italiana Letizia Ramolino il 15 di agosto, un martedì. E Napoleone Bonaparte molto visse, conquistò e perse. E quando si ripresentò al Signore aveva 51 anni e un tumore allo stomaco.

E allora il Signore fece Massimiliano Allegri, partorito dal ventre dell’infermiera Carla Danesi l’11 di agosto, un venerdì. E lo fece nascere a Livorno e, dopo, il Signore disse ad Allegri: “Sei di scoglio e lo scoglio è duro”. E il Signore lo fece nascere Leone con la Luna in Scorpione. E tutti, al porto di Livorno, fecero festa e il padre Augusto disse: “Botta botta fio secco”. E tutti capirono quello che vollero capire.

E Massimiliano Allegri andò nel mondo. E poiché nacque nel giorno di Santa Chiara ebbe occhi vivi, aperti, in definitiva belli e il segreto fu l’amore. Giocò a pallone con la precisione di Giotto e la grazia di Botticelli. E fu masnadiero di portieri e di ancelle apparendo a Pisa, a Pavia, a Pescara, a Cagliari e a Perugia.

E, come dicono a Livorno, la testa di sotto ‘omanda vella di sopra. E questo fu il suo tormento e l’estasi. E se Massimilano fu Giotto, incontrò a Pescara Cimabue che aveva le sembianze di Giovanni Galeone e non ci sono stati nel mondo maestri di vita e di pallone come Cimabue Galeone.

E i poeti videro Massimiliano e scrissero leggiadro vien nell’onda della sera mentre passa con veli e con piume, sui sentieri del tramonto tremule fanciulle l’osannano a sciami, lo circondano a ghirlande.

Magro nell’aspetto, occhi pungenti in un viso da capinera, affascinava più col cuore che con i piedi. E questo fu Massimiliano Allegri finché calciò un pallone, un calciatore sentimentale.

Il tempo passa e Berta un si marita dissero di lui quando non si presentò all’altare di padre Ermenegildo sottraendosi al legame nuziale con la studentessa universitaria Erika. Centrocampisti e fanciulle innamorate cadevano ai suoi piedi, e le fanciulle furono sottomesse al suo parlar livornese e sospiravano cosa c’hai inzuppato le paroline ner caffellatte?

E venne l’età dei trentasei anni e il livornese Allegri disse un ciànno mia cresciuti a bucce di coomero, vide improvvisamente il campo lungo come la pista di un aeroporto e in quel preciso momento decise di smettere di correre dietro al pallone, e il Signore gli indicò la strada degli entrenador, e fu subito abile e furbo, e il popolo disse cos’hai mangiato stamani, pane e vorpe? E il Signore lo mandò all’Aglianese e alla Spal, al Grosseto, all’Udinese e al Sassuolo.

E il Signore lo issò alla maggior gloria della serie A nell’anno 2008 regnante a Cagliari l’imprenditore agricolo e suonatore di chitarra elettrica Massimo Cellino, che s’era presa la squadra di Giggirriva e Manlio Scopigno el fumadòr per la bellezza di 16 miliardi di lire nel 1992, l’anno della bustarella di tangenti dell’ingegnere milanese Mario Chiesa che cambiò l’Italia.

E Massimiliano Allegri apparve a Cagliari. E, come si dice a Livorno, meglio un’acciuga ar mare che un’aragosta al lavoro. E il Signore lo nomò Acciuga, come sulla Terra lo nomò Rossano Giampaglia, il tecnico che lo svezzò giocatore di calcio nel Livorno, e ora Giampaglia non c’è più, e Dio l’abbia i gloria.

E il Signore aveva proprio fatto Massimiliano magro come un’acciuga, e ritto come un fuso, e gli aveva dato una voce chioccia, stridente e rotta, perché il suo parlar livornese fosse di carta vetrata sull’interlocutore irritante.

E col Cagliari Massimiliano si tolse la soddisfazione di un nono posto di sorpresa e magnificenza e andò a Torino a battere la Juventus di Buffon e Chiellini, Nedved e Del Piero, Sissoko e Ranieri in panchina.

E il Signore disse Allegri fa un calcio allegro e, dopo due anni di sardi in alto, gli indicò Milano. E il Signore gli disse: “Oh tu, Allegri, cerca una cravatta gialla e una testa d’uovo abbronzato e loro ti condurranno dal Sire di Arcore e più non dimandare”. E perciò sulla strada di Allegri apparve Adriano Galliani.

E a quei tempi la città di Milano non era più da bere, avvampata dal bunga-bunga, e Ruby Rubacuori andava a cena dal Cavaliere, e il Milan non vinceva il campionato da sette anni quando c’erano stati, con Ancelotti, Cafu e Pippoinzaghi, Shevchenko e Rui Costa, Pirlo e Seedorf.

E il Signore incoraggiò Allegri: “Vai, vedi e vinci”. E Allegri andò e fu subito bunga-bunga tattico col Sire.

E il Signore raccomandò ad Allegri: “Tu sei del Leccia, il quartiere rosso di Livorno, ti prego non mangiare Berlusconi il quale crede che i comunisti mangiano i bambini e lui è un po’ bambino”. E Allegri disse: “Non lo mangerò, ma voglio paglia per cento cavalli”.

E l’uomo voleva dire che avrebbe fatto la sua strada senza sottomettersi al Sire, e avrebbe chiesto e preteso, e avrebbe fatto la formazione a suo pensiero e volontà.

E i cavalli, disse il Signore, sono stati la passione di Allegri fin da ragazzetto quando andava con suo nonno all’Ardenza, l’ippodromo di Livorno, e una volta volle puntare sul cavallo Minnesota e il bookmaker un po’ falso visionario e poco veggente gli disse è più facile che tu alleni in serie A piuttosto che vinca questo cavallo, e il cavallo vinse e il ragazzetto è arrivato ad allenare in serie A. Così sono le parabole del Signore.

E il Sire di Arcore incontrò Allegri e disse è un bel ragazzo che sembra fatto apposta per diventare una star del cinema e perciò è perfetto per essere l’allenatore del Milan. E poi il Sire disse è di Livorno ma non è comunista, me l’ha giurato.

E Allegri vinse subito il campionato, e il Sire non era contento perché voleva un Milan più offensivo, a due punte e non a una punta sola, e voleva possesso-palla e spettacolo, e una volta pretese la marcatura a uomo su Messi.

E Allegri disse: “Mi dà consigli, ma decido io”. E il Sire gli consigliò di pettinarsi prima di fare le interviste in tv, e a quei tempi Allegri aveva vari capelli scomposti. E quando il Sire disse no el capiss un casso, questo disse perché invidiava ad Allegri l’altezza e la bellezza da star del cinema.

E prima che passasse un lustro rossonero si ruppero le giarretelle, come si dice a Napoli. Allegri scivolò malamente sulle mattonelle di Sassuolo e quod non ferunt barbari fecit Barbara, e Barbara era Berlusconi anche lei, amor di Pato che move il suolo e licenza l’altrui stelle. E allora il Signore indicò ad Allegri la strada di Torino perché quella di Milano fu conclusa alle 11,24 di un lunedì di gennaio, il 13 di quel mese e dell’anno 2014.

E a Torino il popolo che era tutto conquistato dal tribuno pugliese della plebe bianconera Antonio Conte non gradì l’apparizione del giovanotto di Livorno, e lo giudicò poco sabaudo e molto alliccatiello, come si dice sempre a Napoli di persona di eleganza sospetta, e lo giudicò un patriota del fascino secco, un indipendente di sinistra, un radical-chic, un tacchino freddo, e anche le formiche di Torino nel loro piccolo si incazzarono.

Così era fatto l’uomo perché così lo fece il Signore, e fu un uomo refrattario, insensibile alle emozioni che non fossero d’alcova, un Ufo Robot nel mondo del pallone d’uòmmene tattici e tattici pittati, amico no dei calciatori e carceriere mai, come si descrisse, luterano e un po’ calvinista, lanciatore di giacche, e non ebbe altro io che se medesimo, onorando però il padre e la madre, ma vinse in continuazione e quando vinse lo scudetto numero 5, lo chanel numero 5 della sua vita vincente a Torino, il Signore apparve a Torino e a Massimiliano Allegri disse dammi il cinque. E si diedero il cinque.

E la storia sarebbe qui felicemente conclusa, e Ambra chiara, Ambra fresca, anche sentimentalmente conclusa, e l’Alighieri, non sapendo più in quale girone collocare Massimiliano Allegri, lo collocò nel girone d’andata e in quello di ritorno, però il Signore vide nell’uomo livornese la superbia della vittoria senza bellezza, l’asciutto orgasmo del successo algido, l’insensibile accoglienza del trionfo, il sorriso serrato, la mascella neutra, l’occhio ateo, e allora il Signore disse tu partorirai con dolore le partite di Champions, e camminerai portando il pesante masso della eliminazione sulla schiena, e lo cacciò dai quarti di finale.

E ai giorni nostri Massimiliano Allegri cacciato dall’Eden cammina con passo leggero e corpo ritto che nessun masso ha mai piegato, né milanista, né juventino, e neppure europeo, Supremo Estraneo, e ha il bel viso da capinera, l’occhio rapace, la chierica incipiente e con la voce da cartavetrata leviga e cancella critiche e opposizioni e oh, via, ragazzi, il calcio è una chiacchiera da bar, seduto o non seduto faccio sempre la mia parte, e non c’è niente da capire.

E questo nel mondo è Massimiliano Allegri, salamandra livornese che resiste ad ogni fuoco amico e nemico, e con la lingua estroflessibile della salamandra cattura giudizi, rimproveri, censure e li polverizza con la secrezione delle sue ghiandole di salamandra nocive e irritanti, e nel mondo va magro e tenebroso, a volte anche un po’ inglese per humour e passione per i cavalli, e molto inglese quando esce dall’Europa, insultato dai laburisti bianconeri.

12/7/2019
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